|  |               L’inglese per scopi speciali è  un mondo complesso innanzitutto per la natura specifica dei settori eterogenei  in esame e sono state proprio queste difficoltà connaturate con lo studio e la  ricerca in questo ambito che ci hanno mosso verso un approccio più organizzato  secondo criteri scientificamente fondati per operare con gli strumenti corretti  e al fine di raggiungere un livello di competenza articolato tanto in termini  di sostanza che di forma. Questo sintetico lavoro è mirato a introdurre alcuni  strumenti teorici essenziali – la definizione di concetto, di significato, di  terminologia e di terminografia – per poi poter affrontare alcuni degli aspetti  più tipici dell’inglese specialistico. L’iter si sviluppa attraverso la  definizione di alcune delle principali caratteristiche dell’inglese giuridico  comparandone la portata in relazione alla teoria generale sui linguaggi  specialistici. Un percorso che non potrà essere esaustivo, ma che auspico possa  offrire una riflessione d’insieme sul ruolo e   sulla natura dell’inglese giuridico, definendone almeno per punti cardinali  alcuni degli elementi caratterizzanti e le eventuali diversificazioni  specifiche rispetto ad alcuni assunti che possono valere per altri settori  dell’inglese specialistico in genere.
 La scelta di dare inizio alla presente ricerca con  tali rilievi di ordine teorico scaturisce dal fatto che avventurarsi nel mondo  dell’inglese specialistico senza fare riferimento alcuno a concetti teorici di  base che ne sono a fondamento comprometterebbe il metodo di ricerca. Pertanto,  è necessario menzionare alcune distinzioni di carattere linguistico, partendo  dalla definizione di concetto che va inteso come unità del pensiero  avente carattere cognitivo e che secondo alcuni linguisti è indipendente  dall’appartenenza a una singola lingua. Seguendo un ordine logico, risulta  utile definire il concetto di significato come un’entità semantica che  rappresenta il contenuto di un elemento linguistico a cui è indissolubilmente  legato. Può anche comprendere altre componenti di tipo connotativo1, che arricchiscono l’originario valore espressivo della parola,  conferendo una maggiore scelta nella sequela dei possibili significati  attribuibili a un termine polisemico. È dunque possibile, attraverso lo studio  della terminologia, intesa come disciplina che studia i processi di  concettualizzazione e denominazione, fare riferimento all’insieme di termini di  un determinato settore specialistico, come ad esempio la terminologia  giuridica, economica, politica, informatica, medica, militare, ecc. Accanto a  questa branca della linguistica va introdotta un’altra attività a essa  strettamente correlata, la terminografia, il cui obiettivo pratico è la  creazione di un sistema di riferimento avente come destinatari gli esperti di  un determinato settore specialistico; in altre parole, quest’ultima disciplina  si può definire come terminologia applicata.
 Alla stregua di quanto finora esposto, la terminologia  specialistica nasce, dunque, dall’evolversi del processo storico, a cui va  ricollegato un sempre maggiore sviluppo del progresso nei vari ambiti sociali,  e di qui la necessità di trasmettere il sapere entro modalità definite e  standardizzate. Essa si rivolge a un determinato pubblico e tende a impostare  un rapporto incentrato su criteri uniformi; in questo quadro è rilevante lo studio dei diversi modelli  testuali ove assume importanza il carattere culturale del processo di  interpretazione del testo settoriale.
 Lo scopo dello studio dei linguaggi  specialistici è di conferire una competenza comunicativa per l’utilizzo  nelle varie situazioni di natura professionale. Attraverso un razionale  utilizzo delle discipline appena menzionate (terminologia, terminografia e  terminologia specialistica), è possibile addentrarsi nello studio sistematico  del mondo altamente strutturato dell’inglese per scopi speciali, ove  però gli aspetti di natura teorica afferenti alla linguistica da soli non  suffragano il lavoro di chi con serietà si addentra nello studio dell’inglese  settoriale. Diventa fondamentale il riscontro con gli elementi di natura  sostanziale, quelli che caratterizzano sul piano oggettivo i campi dell’inglese  suscettivi di analisi.
 Nel settore  del diritto, ad esempio, si riscontrano forti divergenze concettuali tra le  singole lingue e i singoli sistemi e ordinamenti giuridici, perciò in molte  fattispecie andrà valutato caso per caso se un dato concetto esiste nel sistema  giuridico della lingua di arrivo e valutare se vi sia un corrispondente del  concetto nel sistema giuridico di partenza.
 Quindi, con l’utilizzo della terminografia orientata alla traduzione si  possono fornire informazioni sulle relazioni concettuali nei relativi sistemi  giuridici, in modo da consentire una scelta ponderata a chi si trova a  interpretare un testo giuridico. Infatti, il linguaggio giuridico inglese si presenta per natura complesso, ricco di termini di difficile comprensione  per chi non è aduso a tali espressioni; tale complessità deriva inoltre dal carattere  polisemico di molte parole che nell’accezione comune hanno un significato,  mentre nel linguaggio specialistico ne assumono uno del tutto diverso e  specifico. Si tratta di una incongruenza tra la definizione di base e l’uso che  dello stesso termine se ne fa nei testi specialistici. Ad esempio, il temine bill,  che nel linguaggio comune significa ‘conto’, ‘bolletta’ e una copiosa serie di  ulteriori accezioni, in inglese giuridico significa ‘Carta’, ‘progetto di  legge’, ‘documento avente un certo crisma di formalità’ e altre forme simili.
 La lingua inglese è la sintesi  dell’interazione dinamica tra la componente linguistica di origine germanica e quella neolatina, dove le parole grammaticali appartengono alla  prima corrente, mentre alla seconda appartengono le parole lessicali. I  linguaggi specialistici in generale tendono a mutuare il lessico che deriva  dalla componente neolatina, pertanto l’opera di colui che deve confrontarsi con  un testo di Legal English sarà facilitata se la lingua di origine dello  stesso appartiene al ceppo neolatino. Un’altra delle principali caratteristiche  del lessico specialistico in generale è la monoreferenzialità, cioè in  un dato contesto v’è un unico significato che può attribuirsi a un dato  termine; ad esempio, nel linguaggio giuridico barrister vuol dire  ‘avvocato’ (con riferimento solo al sistema inglese), to summon vuol  dire ‘chiamare formalmente in giudizio’. Si tratta di una tendenza a mirare a  una biunivocità assoluta tra termine e concetto, di qui il raro ricorso all’uso  del sinonimo e pertanto il carattere della monoreferenzialità circoscrive il  numero di parole in un determinato campo. La tendenza è quella di avere un  coacervo di termini ad hoc che  esprimono con chiarezza un concetto preciso e la difficoltà scaturisce  oggettivamente dal fatto che a ogni termine corrisponde un unico concetto senza  poter ricorrere ad altri espedienti per poter identificare il termine che  corrisponde all’esprimendo concetto.
 Inoltre, va menzionato il tradizionalismo relativo  ai termini usati specialmente nel linguaggio legale ove si rileva la presenza  di forme arcaiche, tra  cui vale la pena menzionare, a titolo esemplificativo, l’uso degli avverbi hereto,  hereinafter, ecc., che vengono mantenute in quanto ormai hanno assunto  significati ben definiti e accettati dagli specialisti. Infatti, per ciò che  attiene al linguaggio legale si auspica ormai da anni una riforma2 che consenta anche ai non specialisti di poter interpretare i testi  spesso di difficile comprensione, ma la strada da percorrere in tal senso è  ancora lunga.
 Il linguaggio legale è caratterizzato da una  relativa ridondanza, in  netto contrasto con il principio di sinteticità, che in linea teorica  caratterizza i linguaggi settoriali; si tratta dell’utilizzo di due termini  (fra loro in relazione sinonimica) per rappresentare lo stesso concetto, come  ad esempio false and untrue, terms and conditions, will and testament. Tale raddoppiamento lessicale non  aggiunge valore semantico alla frase. In tal ambito, procedendo a una disamina  dei termini secondo un criterio diacronico, si rileva che gli stessi hanno  assunto nei secoli diversi significati; particolarmente illuminante è il caso  di will e testament ove originariamente ci si riferiva al primo termine per  identificare i beni mobili e con testament ci si riferiva agli immobili; pertanto, al fine di evitare confusione si  utilizzavano entrambi i termini per intendere sia gli immobili che i mobili.  Tale tendenza è stata riscontrata anche in altri campi e l’uso anglosassone  della ripetizione di parole evidenzia l’effetto dell’allitterazione. Nei testi  legali contemporanei è ancora frequente l’uso dell’assonanza e dell’allitterazione,  che sono espressioni tipiche della ridondanza. Secondo una diversa  interpretazione del fenomeno, tale modalità espressiva può ricollegarsi al  fatto che un tempo solo le persone colte e gli uomini della Chiesa conoscevano  il latino perciò l’espressione testament poteva essere compresa solo da  chi lo avesse di fatto studiato, rendendo dunque necessario l’uso a latere anche del termine will, di chiara derivazione germanica, che come  concetto fosse comprensibile da chiunque.
 Sotto il profilo lessicale esiste un ulteriore  elemento distintivo: l’instabilità semantica delle parole che deriva  dall’incedere della cultura verso nuove cognizioni3. È in tal senso utile l’esempio del termine purchase, che trae origine da chase e che richiama i concetti di caccia  e forza, che originariamente veniva usato per rappresentare l’acquisizione del  possesso tramite le proprie azioni, ma dal XVI secolo assume il significato  moderno di acquisto tramite pagamento.
 Altro aspetto è il procedimento di derivazione di  parole dall’uso comune nel linguaggio specialistico, come ad esempio il ricorso  alla metafora, che consente di innescare processi di associazioni semantiche;  la metaforizzazione consente, inoltre, un veloce trasferimento di  informazioni senza dover ricorrere alla spiegazione specifica dei concetti.  L’uso delle metafore in misura sempre maggiore nei diversi linguaggi  specialistici è da alcune parti auspicato in quanto sfruttando l’alto potere  evocativo che le caratterizza è possibile costruire una serie di rinvii a  diversi livelli del linguaggio e a una molteplicità di ambiti dell’esperienza.  Nel linguaggio giuridico è possibile identificare una serie di esempi in tal  senso, ove la legal eagle è un avvocato molto bravo, poiché l’aquila  rievoca spiccate capacità e notevoli doti intellettive, un ermine corrisponde a un giudice, essendo la pelliccia di ermellino indossata da  giudici di alto rango. Inoltre, red tape che letteralmente vuol dire  ‘nastro rosso’, ma acquista il significato di ‘burocrazia’ ricollegando l’immagine  del nastro rosso con cui un tempo si legavano i documenti; oppure l’espressione green paper, che  rappresenta un documento preparatorio, atto a raccogliere contenuti e che poi  potrebbe trasformarsi in un white paper, cioè una proposta più definita volta a essere inserita nel  procedimento legislativo e assumere poi la vestigia di bill, ‘progetto di legge’. È opportuno, però, sottolineare che il  ricorso al linguaggio figurato è abbastanza circoscritto nel settore giuridico  rispetto ad esempio ad altri linguaggi settoriali, che permettono per loro  natura un più ampio ricorso alle figure retoriche, quali il linguaggio  politico, economico e tecnologico.
 Dal punto di vista sintattico, un ulteriore  aspetto che riguarda la struttura dell’inglese giuridico consiste nell’utilizzo  della nominalizzazione (ad  esempio out-of-court settlement4), ossia il fenomeno del ricorso  all’uso di un sostantivo piuttosto che di un verbo per esprimere concetti  relativi ad azioni o procedimenti. Conseguenza diretta della nominalizzazione5 è l’aumento della densità lessicale e cioè l’incremento del numero  degli elementi lessicali (i cosiddetti content  words) rispetto all’insieme delle parole contenute nel testo. I fenomeni  appena descritti rendono la comprensione del testo più complessa poiché vi è  una tendenza a escludere le frasi subordinate e a far uso delle frasi  principali. Inoltre la caratteristica lunghezza del periodo, tipica del  linguaggio legale, ove esigenze di precisione impongono l’anticipazione dei  riferimenti concernenti persone, luoghi o tempi rispetto alla struttura  sintattica ordinaria, rende ancor più arduo il confronto con il documento  legale.
 Altro aspetto riguardante l’uso verbale riguarda  quello della forma in –ing, che non  rende necessaria l’esplicitazione del soggetto. La tecnica precedente  conferisce maggiore sinteticità all’intera struttura, come nel caso dell’uso  del participio passato. Va inoltre menzionato il frequente ricorso all’utilizzo  della forma passiva per esigenze di spersonalizzazione del discorso, che è  tipica dei linguaggi specialistici e che al linguaggio giuridico conferisce un  relativo grado di complessità in merito all’identificazione del soggetto agente  o chi è coinvolto direttamente nella condotta descritta nell’espressione  formale.
 Alla stregua del percorso qui tracciato, si è  sottolineato in premessa il ruolo fondamentale svolto dall’impianto teorico  linguistico che agevola l’attività d’interpretazione del testo giuridico e che  facilita il lavoro di chi con pazienza e determinazione è “esposto” a un  documento legale in lingua inglese e deve compiere uno sforzo per renderlo  nell’italiano degli studi professionali. Come già rimarcato, il ruolo svolto  dalla terminologia specialistica e dalla terminografia fungono da base teorica  di appoggio per sviluppare, attraverso una “rete” di natura sostanziale,  l’attività di chi si ingerisce dell’inglese giuridico. La conoscenza degli  aspetti di ordine giuridico afferenti al sistema legale italiano e quelli  relativi al sistema legale inglese sono momenti fondamentali di confronto nel  più ampio scenario di intermediazione tra culture ove è sempre più auspicabile  un dialettico confronto atto a rendere concetti che siano il più possibile  “compatibili” con quelli del testo fonte, rispettandone la natura intrinseca e  la volontà espressiva dell’autore del testo originario.
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                  1 Dal Latino cum notare, cioè aggiungere qualcosa  rispetto alla parola di base, ad esempio home sul piano connotativo comporta il riferimento anche al concetto di focolare  domestico, famiglia e altre immagini simili.    
                  2 Si è da anni ormai  diffuso a livello internazionale il movimento denominato “Fight the Fog”, che  letteralmente corrisponde a “combatti la nebbia”, intendendo per tale  espressione un invito nel settore giuridico ad arginare il fenomeno della  complessità del linguaggio giuridico.    
                  3 Il processo di  modificazione può essere dovuto anche a interventi precisi, come nel caso di  alcuni termini concernenti il diritto di proprietà, come ad esempio freehold, che dopo la riforma fondiaria  del 1926 perse l’antico significato di ‘concessione derivante dal sovrano’ per  assumere il concetto espresso dalle nuove previsioni legislative sul diritto di  proprietà non derivante da contratto di affitto (tale termine è opposto a leasehold che designa il diritto di  proprietà derivante da contratto di affitto).   
                  4 L’espressione, che  linguisticamente è una adjectival phrase, frase aggettivale, corrisponde  al concetto di “dirimere stragiudizialmente una controversia”.   
                  5 Fenomeno che può  definirsi attraverso l’espressione buried verbs ossia ‘verbi  seppelliti’, che evidenzia la tendenza dei legal drafters a nascondere  la parte verbale del discorso al fine di evitare una costruzione lineare  soggetto-verbo-oggetto che al contrario renderebbe  lineare e comprensibile la formula espressiva.       |  |