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Vizi del consenso: misrepresentation

 
     
 

Lucia Valori - Avvocato in Vasto

 
     
     
 

Dopo aver analizzato, nei precedenti scritti, i vari aspetti relativi alla formazione del contratto nel diritto inglese, ci soffermiamo ora sulla sua fase patologica, ossia su quei fattori che, inficiando la volontà dei contraenti, minano l’accordo tra esse parti, dando origine ad una situazione di invalidità del rapporto.

Il diritto inglese contempla varie cause di invalidità che, avendo però una diversa disciplina normativa, non consentono una trattazione unitaria dei cosiddetti vizi del consenso, come accade invece per il nostro sistema giuridico.

Tali cause sono: l’errore (mistake), la violenza (duress), l’abuso di influenza (undue influence), l’inganno sia in buona fede (innocent misrepresentation), sia per colpa (negligent misrepresentation), sia in mala fede (fraudolent misrepresentation).

Dedichiamo il presente intervento all’analisi della disciplina dell’inganno o dolo contrattuale che presenta aspetti molto interessanti anche nell’ambito di una disamina comparatistica con il nostro ordinamento di civil law.

Mentre il diritto contrattuale italiano intravede, tra i vizi del consenso, un solo tipo di dolo che presuppone sempre l’animus decipiendi, ossia la volontà di raggiro e di inganno del deceptor (il ‘contraente in mala fede’), il diritto inglese, nell’intento di tutelare ad ampio raggio il contraente che sia stato ingannato nella conclusione del contratto dalla falsa rappresentazione della realtà prospettatagli dalla controparte (deceptus o innocent party), contempla ben tre figure di “dolo”, come sopra menzionate, a seconda che il raggiro sia incolpevole, colposo o fraudolento.

Il contraente inglese, sostanzialmente, gode di una tutela maggiore che ha le sue fonti sia nella common law, che nell’equity e nella legislazione.

Prima di addentrarci nell’analisi funditus delle varie fattispecie, appare acconcio soffermarsi sulla fase pre-contrattuale durante la quale i contraenti pongono in essere una serie di representations, ossia di comportamenti dichiarativi tesi a illustrare il contenuto del rapporto in fase di costituzione.

Questi possono rimanere mere representations quando non assurgono al rango di veri e propri patti contrattuali (terms) sui quali si è raggiunto l’accordo, ma possono comunque aver influito sulla formazione della volontà contrattuale del contraente al quale sono rivolti.

In questo caso, essi possono configurare delle misrepresentations qualora attestino cose non vere, inducendo il contraente a cui sono rivolti a concludere il contratto in stato di inganno.

Il termine misrepresentation può essere allora definito come “ogni falsa rappresentazione della realtà compiuta da un contraente, personalmente o per il tramite di un suo incaricato, nei confronti della controparte che per essa rimane ingannata nella conclusione del contratto.” [1]

Oppure: “an ambiguous, false statement of fact which is addressed to the party misled, which is material and which induces the contract.” [2]

Per concretizzarsi come misrepresentation, deve trattarsi di un comportamento positivo, di induzione attiva all’inganno, ossia deve assumere una active form. Ma, in determinati casi, anche il silenzio può configurare questa causa di invalidità, ad es. quando riguarda fatti o circostanze che per consuetudine commerciale devono essere rivelati alla controparte.

Vi è poi una particolare categoria di contratti, definiti uberrimae fidei (contracts of utmost good faith or contracts of the fullest confidence), per i quali vi è un ampio dovere di informare la controparte su ogni circostanza utile per l’esatta determinazione del contenuto contrattuale.

La ratio è che in questo tipo di contratti viene tutelata la parte svantaggiata, atteso che vi è uno sbilanciamento tra una controparte che è a conoscenza di tutti i presupposti di fatto costituenti il contenuto del contratto e l’altra parte che non sa e non può venire a sapere.

Esempi di tale genere di contratto sono quelli di assicurazione, di costituzione di società per azioni mediante pubblica sottoscrizione e i cosiddetti family arrangements, ossia le transazioni che mirano a risolvere le questioni riguardanti i beni del patrimonio familiare contesi tra le parti.

Non possono configurare misrepresentations le semplici expressions of opinions, ossia le manifestazioni di giudizio riguardanti il contenuto del contratto, né gli statements of intentions, vale a dire le dichiarazioni, o le affermazioni o le assicurazioni che riguardino l’intenzione di fare qualcosa in futuro.

Nell’ordinamento inglese, la misrepresentation può causare l’annullamento del contratto (rescission), indipendentemente dall’esistenza del requisito dell’intenzionalità, come sopra sottolineato in comparazione con il nostro sistema.

Ma è opportuno soffermarci sui vari tipi di misrepresentation sopra elencati.

Il più grave è senza dubbio la fraudolent misrepresentation, ossia l’inganno doloso perpetrato con la coscienza di non dire la verità.

Tale fattispecie assume la doppia valenza di causa di invalidità del contratto e di atto illecito (tort), scaturendo da essa una responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale a carico del deceptor.

Nella negligent misrepresentation la falsa rappresentazione è imputabile all’autore a titolo di colpa.

Il contratto è ovviamente annullabile, ma vi è stato un intervento legislativo importante, il cosiddetto Misrepresentation Act 1967, che ha stabilito che in questi casi la Corte adita potrebbe discrezionalmente, per ragioni di opportunità, non annullare il contratto, ma disporre solo il risarcimento del danno.

Infatti, fino al 1963 non era riconosciuto alcun diritto al risarcimento dei danni in favore della vittima di un raggiro non operato con malizia.

Anche questa responsabilità per colpa del deceptor è di tipo extracontrattuale, configurando un tort of deceit.

Anche il contraente ingannato da una innocent misrepresentation, ossia da una falsa rappresentazione né maliziosa né colposa bensì in buona fede, ha diritto di chiedere l’annullamento giudiziale del contratto; ma anche in questo caso, per disposizione di legge contenuta nel Misrepresentation Act 1967, la Corte adita può discrezionalmente non annullare il contratto, ma condannare al risarcimento dei danni.

Ma la innocent representation non costituisce anche un illecito civile, tant’è che il contraente ingannato non può chiedere, oltre all’annullamento, anche il risarcimento del danno. In suo favore è riconosciuto, invece, un diritto all’indennità che gli consente il recupero delle spese affrontate in adempimento del contratto invalido, una sorta di danno emergente.

A questo punto, è inevitabile collegare la disciplina legislativa sopra citata con i rimedi di equity e precisare che equity riconosce al deceptus il diritto all’annullamento del contratto solo se tale annullamento possa essere seguito da una relativa restitutio in integrum.

La ratio di equity è di evitare un ingiusto arricchimento del deceptus (autorizzando questi a trattenere quanto ricevuto dalla controparte in esecuzione del contratto viziato) a danno del deceptor che ha ingannato in buona fede.

Per restitutio si intende il ripristino di una situazione virtualmente analoga a quella iniziale. Quindi il deceptor deve restituire al deceptus quanto ricevuto, e il deceptus deve fare altrettanto, avendo diritto però al rimborso del solo danno emergente subìto per l’adempimento delle obbligazioni scaturite dal contratto ed eseguite fino al suo annullamento.

Il diritto all’annullamento del contratto invalido in favore del contraente ingannato è pertanto comune a tutte e tre le fattispecie di misrepresentation, come fin qui evidenziato, ed opera ex nunc.

Tuttavia, tale diritto può venir meno in presenza di particolari circostanze.

Innanzitutto, può esserci una tacita o esplicita convalida, affirmation, del contratto invalido qualora il deceptus manifesti con una dichiarazione o con un comportamento concludente di voler comunque rispettare il contratto.

Si perde il diritto all’annullamento anche quando, in caso di innocent misrepresentation, esso non venga esercitato per un ragionevole periodo di tempo (lapse of time). Ma il semplice decorso del tempo, in caso di fraudolent misrepresentation, non comporta una convalida del contratto.

Da ultimo, qualora il contraente che ha acquistato un diritto da un contratto invalido lo alieni a titolo oneroso ad un terzo di buona fede, il diritto all’annullamento dell’originario contratto invalido viene meno, nell’intento di tutelare il terzo contraente.

 

 

Bibliografia

Dictionary of Law, Fifth Edition, A&C Black, 2007.

Bryan A. Garner, Black’s Law Dictionary, Eighth Edition, 2007.

Criscuoli G., Il contratto nel diritto inglese, CEDAM, 1990.

De Franchis F., Dizionario Giuridico, vol. 2, Giuffrè, 1996.

Galgano, f., Istituzioni di Diritto Privato, CEDAM, 2000.

Haigh R., Legal English, Cavendish Publishing, 2004.

McKendrick E., Contract Law, Event Edition, Palgrave Macmillan Law Masters, 2007.

Parrini P., Manuale pratico dei contratti in lingua inglese, CEDAM, 2001.

Tessuto G., The Language of Common Law Made Simple, Liguori Editore, 2002.

 

 
     
 
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[1] Criscuoli G., Il contratto nel diritto inglese, CEDAM, 1990.

[2] McKendrick E., Contract Law, Event Edition, Palgrave Macmillan Law Masters, 2007.

 
     
 
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