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Questione linguistico-traduttiva: il traffico di esseri umani

 
  Smuggling of migrants (SoM) and Trafficking of Human Beings (THB)  
     
 

Marianna Angelillo, laureata in traduzione tecnico-scientifica presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”

 
     
 

 

Un elemento particolare relativo alla lingua giuridica è che essa non è universale, bensì frutto della tradizione e dell’unicità dell’ordinamento giuridico di un Paese, connessa solidamente al sostrato culturale del medesimo. Di conseguenza, si incontrano difficoltà nel comprendere le peculiarità della lingua giuridica di un Paese diverso dal proprio.

A seguito di un’attenta analisi traduttologica, scaturita dal lavoro di tesi di laurea specialistica riguardo il testo della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Criminalità Organizzata Transnazionale e ai Protocolli ad essa annessi, ho constatato che fino a pochi anni fa non esistevano strumenti normativi internazionali adeguati ai fenomeni di traffico di esseri umani che si presentavano su scala globale. Accantonando gli aspetti politici riguardanti la questione, è necessario evidenziare che, in mancanza di vie d’accesso legali, coloro che vogliono emigrare scovano comunque altre modalità per raggiungere il proprio obiettivo, ossia le vie illegali. Queste si concretizzano in due fenomeni: Smuggling of Migrants (SoM) e Trafficking of Human Beings (THB).

            Nell’ultimo decennio, queste fattispecie di reato hanno iniziato a rivestire nella politica dei vari Paesi una notevole importanza, cosicché anche le grandi organizzazioni internazionali hanno cominciato a interessarsi direttamente della questione e da ciò ne consegue che, alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale, firmata a Palermo nel 2000, sono stati allegati due Protocolli aggiuntivi dedicati esclusivamente a queste tematiche. Questi Protocolli offrono una definizione univoca sia dello Smuggling of Migrants, sia del Trafficking of Human Beings, offrendo così una base giuridica globale su cui operare per contrastare tali fenomeni.

            Nel primo caso, lo SoM viene definito Nel primo caso, lo SoM viene definito come “… la procura, al fine di ottenere, direttamente o indirettamente, un beneficio finanziario o materiale, tramite l’ingresso illegale di un individuo all’interno di uno Stato membro, del quale l’individuo non sia nativo, né vi abbia una residenza permanente”.

            Nel caso del THB, invece, ci si trova di fronte a una realtà del tutto diversa, che riguarda specificatamente lo sfruttamento degli individui. Tale traffico è stato definito dal “Protocollo per prevenire, sopprimere e punire il traffico di persone” come the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of persons, by means of the threat or use of force or other forms of coercion, of abduction, of fraud, of deception, of the abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving of payments or benefits to achieve the consent of a person having control over another person, for the purpose of exploitation. Appare evidente dalle due definizioni quali siano le sostanziali differenze tra i due traffici. Laddove l’immigrazione clandestina implica obbligatoriamente l’attraversamento illegale di confini statali e presume che vi sia l’esplicito consenso da parte di coloro che vengono trasportati, nel caso del traffico di esseri umani questo può svolgersi ovunque, anche nello stesso Paese di appartenenza delle vittime. Tuttavia, ciò che maggiormente contraddistingue quest’ultima condizione è che la volontà di coloro che sono sottoposti alla tratta è del tutto irrilevante, come viene dichiarato nella medesima norma internazionale. Per ciò che concerne l’aspetto giuridico, la distinzione è ben più articolata, poiché nel primo caso si infrangono le leggi dello Stato, mentre nel caso del THB sono violati i diritti fondamentali di ogni essere umano.

 

La distinzione fra tratta (Trafficking) e traffico (Smuggling)

La tratta di persone, l’immigrazione illegale e il traffico di migranti sono crimini tra loro differenti, ma che spesso vengono confusi. Infatti, il processo che ha portato la comunità internazionale a definire normativamente le condotte di “trafficking of human beings” (tratta di esseri umani finalizzata al loro sfruttamento successivo) e di “smuggling of migrants” o “alien smuggling” (traffico di migranti) è stato lento.

            L’esigenza di definizioni in grado di distinguere questi due fenomeni è emersa per diversi motivi. Si tratta di ragioni congiunte alla prassi degli organismi di polizia, a fattori criminologici e vittimologici, e a elementi di ordine politico.

            Il primo Protocollo, Protocol to prevent, suppress and punish trafficking in persons, especially women and children, supplementing the United Nations Convention against transnational organized crime, si occupa della tratta a scopo di sfruttamento, mentre il secondo, Protocol against the smuggling of migrants by land, air and sea, supplementing the United Nations Convention against transnational organized crime, si occupa della questione relativa al traffico di migranti. Questi Protocolli sono stati elaboratiQuesti Protocolli sono stati elaborati per colmare una lacuna presente nella disciplina internazionale e promuovono, tra i diversi obiettivi, l’armonizzazione delle legislazioni penali dei Paesi firmatari contro la tratta a scopo di sfruttamento e il traffico di migranti. Bisogna precisare che esse sono basilari per questa analisi, poiché all’epoca della stesura del progetto non erano ancora presenti nell’ordinamento italiano norme penali in grado di definire e contraddistinguere palesemente la tratta dal traffico. Ciò ha portato all’adozione delle terminologie elaborate dalle Nazioni Unite come definizioni valide.

            Altresì l’ordinamento italiano ha, da ultimo, fatte proprie tali distinzioni con la legge 11 agosto 2003, n. 228, che introduce il reato di “tratta di persone” (art. 601 cod. pen.) al posto dell’arcaico reato di “tratta e commercio di schiavi”. Tale adattamento della normativa penale è stato svolto tenendo come punto di riferimento le indicazioni provenienti dalla Convenzione, eccetto per alcuni secondari scostamenti, come verrà esposto nelle sedi opportune.

 

La definizione di “tratta di persone” e di “traffico di migranti” delle Nazioni Unite

La definizione di “trafficking in persons” (“tratta di persone/esseri umani a scopo di sfruttamento” o semplicemente “tratta”) è presente nell’articolo 3 del Protocollo sulla tratta, supplementare alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale delle Nazioni Unite del 2000. La “tratta di persone” viene presentata, alla lett. (a), come quell’attività che consiste nel “reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di danaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento”. Questa definizione costituisce la base giuridica per l’obbligo di penalizzazione delle condotte illegali fissate che gli Stati firmatari sono tenuti a rispettare ai sensi dell’articolo 5 del Protocollo. L’esposizione delle modalità e dei mezzi di coercizione utilizzabili è stata lasciata intenzionalmente estesa, in maniera tale da poter annoverare una più completa varietà di comportamenti finalizzati alla tratta di persone a scopo di sfruttamento. La lettera (b) dell’articolo 3 specifica l’irrilevanza del consenso prestato in qualunque momento da una vittima della tratta, in tutti i casi in cui si verifichi l’uso di alcuno dei mezzi già citati nella lettera (a). Questa ipotesi è fondamentale in contesti che si riscontrano nella realtà, quando in un primo momento sembra sussistere un atteggiamento consensuale della vittima e in un momento successivo il consenso viene meno, oppure in tutte quelle circostanze in cui il consenso sia concesso da altri al posto della vittima.

Ai sensi dell’art. 3 del Protocollo relativo al traffico di migranti supplementare alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale delle Nazioni Unite del 2000, lo “smuggling of migrants” consiste nel “procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato Parte 1 di cui la persona non è cittadina o residente permanente”. In base alla lett. (b) della medesima norma per “ingresso illegale” s’intende “il varcare i confini senza soddisfare i requisiti necessari per l’ingresso legale nello stato d’accoglienza”. Sia per il trafficking che per lo smuggling è previsto l’obbligo di penalizzazione della condotta indicata da parte degli Stati firmatari.

            Il traffico di migranti è l’attività che consiste nel procurare l’ingresso illegale in uno Stato di una persona che non ne è cittadina o residente. Questo atteggiamento è finalizzato all’ottenimento di un beneficio materiale o patrimoniale. Nella previsione non rientrano altre attività economiche aventi a oggetto i migranti. L’obbligo della penalizzazione concerne le condotte di traffico e traffico clandestino (art. 2). Malgrado ciò, nella delucidazione di traffico di migranti non si fa riferimento al migrante come vittima, né vi sono previsioni relative all’eventuale consenso prestato. La scelta di non considerare vittima la persona che spontaneamente si affidi a dei gruppi criminali che traggono profitto sull’immigrazione illegale trova giustificazione nel differente incarico da esso svolto; non passivo in relazione ai trafficanti bensì attivo, nel senso della consapevolezza e determinazione di avviare un processo migratorio investendo un capitale proprio. L’operazione di traffico è fondata spesso su relazioni di tipo contrattuale tra il migrante e i trafficanti. Il primo ottiene un servizio (il trasporto all’interno dei confini dello Stato) dai secondi in cambio di un beneficio materiale o economico.

            La definizione univoca di tale fenomeno non è stata impresa semplice, poiché si trova dinanzi a una illegalità di dimensione internazionale le cui definizioni ufficiali sono il prodotto, non di valutazioni generiche, bensì degli obiettivi regolativi offerti dagli stessi soggetti giuridici. Inoltre, la definizione del fenomeno ai fini di prevenzione e di repressione rappresenta l’oggetto di accese polemiche, sia a livello nazionale che a livello internazionale.

            L’espressione “traffico internazionale degli esseri umani” indica, approssimativamente, tutte le forme di attività criminose che si costruiscono sul trasferimento, in apparenza legale o totalmente illegale, di persone da uno Stato all’altro. Da una parte vi è il “traffico” (in Italia chiamato soprattutto “tratta”) indirizzato allo sfruttamento delle persone che ne sono oggetto e che trova la sua definizione nella formula inglese Trafficking in human beings. Dall’altra parte, si trova l’agevolazione dell’immigrazione clandestina, riconosciuta con l’espressione inglese Smuggling of migrants (letteralmente “contrabbando di migranti”).

            È necessario, inoltre, evidenziare che fino ad ora è stato difficoltoso individuare una definizione internazionalmente accettata di trafficking e/o di smuggling. Infatti, dato il coinvolgimento di un numero elevato di organizzazioni e agenzie nella analisi e nello studio di tale fenomeno, la confusione dilaga. Dagli inizi degli anni ‘90, presa consapevolezza dell’espandersi sempre maggiore del fenomeno, si è aperto un dibattito alquanto intenso sulla esatta definizione non solo dei concetti di tratta e di traffico, ma anche di criminalità organizzata, dato il coinvolgimento dei gruppi criminali in tali attività illecite. Bisogna precisare, però, che la problematica della definizione del termine trafficking non si limita a una pura questione semantica. Infatti, senza una chiara comprensione e una giusta definizione di cosa sia tale fenomeno, non è possibile sviluppare una solida base giuridica per perseguire i trafficanti, né tantomeno approntare efficaci strumenti empirici volti a bloccare ed eliminare lo sviluppo di tale attività. Nell’intento di definire il traffico è stato scritto: “The wide and increasing concern over trafficking migrants does not imply that a clear, simple and commonly accepted definition of such activities is readily available. La presente dichiarazione mostra apertamente la situazione che ha dominato per molti anni. Stati, europei e non, istituzioni statali, organizzazioni non governative e ricercatori hanno differito nella loro percezione di che cosa il traffico riguardi, e questo è stato visto come una insormontabile barriera alla comprensione del dilemma.

            Si è altresì concordato sul fatto che l’assenza di una definizione legale univoca del crimine di traffico ha creato difficoltà nell’analisi del fenomeno, e di conseguenza lo sviluppo e l’applicazione di una omogenea azione di salvaguardia o repressione del crimine stesso. L’aumento di tale confusione si è generato dal fatto che le diverse istituzioni competenti al riguardo hanno sempre impiegato una vasta gamma di termini per denotare il fenomeno: alien smuggling, trafficking of aliens, illegal immigrant smuggling, human trafficking, trade of human beings, human commodity trafficking, human trade, trafficking in human beings, trafficking in persons.

            E ne consegue che la discrepanza dei termini utilizzati ha portato come risultato un potenziale differente approccio al problema. A ciò si deve associare il dibattito incentrato sulla problematica se il traffico possa essere ritenuto una forma di immigrazione clandestina e quindi se possa venire ostacolato con gli stessi strumenti legali che vengono adoperati per fronteggiare quest’ultima.

            Al contrario, lo smuggling (letteralmente “contrabbando”) di persone, implica soltanto l’agevolazione nell’attraversamento illecito dei confini. Tale azione deve essere considerata senza dubbio illegale. La caratteristica di tale concetto è che per il Budapest Group 2 non sorgono disuguaglianze tra l’azione di coloro che favoriscono l’ingresso clandestino all’interno di un Paese e coloro che vi entrano clandestinamente, poiché entrambi commettono un reato.

            In questa condizione di indeterminatezza lessicale e di conseguente espansione dei fenomeni, è sorta l’esigenza di uniformare i concetti e di individuare degli strumenti di soluzione internazionalmente validi e applicati. Per tale ragione, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha costituito l’Ad Hoc Committee on the Elaboration of a Convention against Transnational Organized Crime, per elaborare il testo di una convenzione contro il crimine organizzato, connesso a due protocolli addizionali: uno sul “traffico di migranti”, Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Air and Sea, e l’altro sulla “tratta di persone”, Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children. In ciascuno dei due Protocolli è stato dedicato un articolo alla precisa definizione del fenomeno trattato. L’articolo 2, lettera (a) del Protocollo per combattere il traffico di migranti, definisce l’espressione “traffico di migranti” come il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso o la permanenza illegale di una persona in uno Stato Parte di cui la persona non è cittadina o residente permanente. L’espressione “tratta di persone”, invece, è considerata nell’articolo 3, lettera (a) del Protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, e indica il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite l’impiego o la minaccia dell’impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di posizioni di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha l’autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. In italiano occorre quindi utilizzare i termini ‘traffico’ e ‘tratta’. Il traffico deve essere inteso come l’insieme delle attività legate all’immigrazione illegale. L’introduzione clandestina consiste soltanto nella fornitura di un servizio da parte di un intermediario che, illegalmente, procura la possibilità al migrante di attraversare un confine. Dopo di che, si interrompe il legame con il migrante. La tratta, invece, riguarda l’insieme delle attività legate allo sfruttamento non solo sessuale, delle donne e dei ragazzi, ma anche degli uomini costretti a lavorare in condizione di schiavitù.



Glossary


ACCEPTANCE OR APPROVAL: Accettazione o approvazione. Strumenti che esprimono il consenso di uno Stato di aderire a un trattato.

ACCESSION: Adesione. Atto secondo il quale uno Stato diventa parte di un Trattato già negoziato e firmato da altri Stati.

ACCUSED PERSON: Imputato. Persona accusata di un reato nell’ambito del processo penale.

AMENDMENT: Emendamento. Proposta di parziale modifica di un disegno di legge in ambito legislativo, prima che esso diventi legge a tutti gli effetti.

BILATERAL OR MULTILATERAL AGGREEMENTS OR ARRANGEMENTS: Accordi o intese bilaterali o multilaterali. Accordi internazionali in forza dei quali due o più Stati si impegnano ad applicare, nei rispettivi territori, nei confronti dei cittadini migranti dell’altro Stato, un regime di disposizioni concordate.

CONVENTION: Convenzione, accordo. Nell’ambito internazionale, si riferisce alle convenzioni internazionali, le fonti di legge, alle regole e ai principi di diritto internazionale. Questo impiego generico del termine a volte permette ad esso di essere impiegato come sinonimo di “trattato”.

CRIMINAL ORGANIZATION: Organizzazione criminale. È un qualunque insieme di individui che, unitisi in un solo gruppo per lo più improntato su una scala gerarchica, compiono azioni contrarie alle leggi o crimini di varia natura. Spesso, lo scopo ultimo di un’organizzazione criminale è quello di creare un profitto economico (in questo caso, si può parlare anche di holding criminale). Un’organizzazione criminale può trovarsi quindi coinvolta in attività quali traffico di droga, prostituzione, traffico di esseri umani, riciclaggio di denaro sporco, corruzione ai pubblici uffici, mercato nero. Quando invece lo scopo ultimo non è il profitto economico, le attività criminali possono essere ricondotte a violenze politiche o religiose, razzismo, terrorismo, crimini contro l’umanità.

DECLARATION: Dichiarazione. Nell’ambito internazionale, fa riferimento a un documento di natura unilaterale o multilaterale, ossia vincolante tutte le parti firmatarie, Paesi oppure Organizzazioni Internazionali, esprimendone la volontà.

EXTRADITION: Estradizione. È una forma di cooperazione giudiziaria tra Stati e consiste nella consegna da parte di uno Stato di un individuo, che si sia rifugiato nel suo territorio, a un altro Stato affinché venga sottoposto al giudizio penale (in questo caso si ha estradizione processuale) o alle sanzioni penali se già condannato (in questo caso si ha estradizione esecutiva).

HUMAN TRAFFICKING: Traffico di esseri umani. È il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di una o più persone, usando mezzi illeciti ai fini dello sfruttamento. Lo sfruttamento comprende almeno lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, la schiavitù o le pratiche analoghe alla schiavitù, la servitù o il traffico di organi.

ILLEGAL IMMIGRATION: Immigrazione clandestina. L’ingresso di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del Paese di destinazione. Gli immigrati sono mossi dalla ricerca di condizioni di vita migliori, perché spesso i Paesi di provenienza sono poveri, oppure in quei Paesi non vengono rispettati i diritti civili. L’immigrazione clandestina, così come quella regolare, è un fenomeno di cui sono oggetto generalmente i Paesi più ricchi. Si tratta spesso di flussi misti nell’ambito dei quali si spostano sia migranti che rifugiati, seguendo rotte e modalità di trasporto simili. Tali spostamenti vengono definiti irregolari, poiché spesso avvengono senza la necessaria documentazione e di frequente coinvolgono trafficanti di esseri umani. Le persone che si muovono in questa maniera spesso mettono a rischio la propria vita, sono obbligate a viaggiare in condizioni disumane e possono essere oggetto di sfruttamento e abuso. Da un punto di vista politico, l’immigrazione clandestina va a toccare una serie di grandi questioni sociali quali: l’economia, il welfare state, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la schiavitù, la prostituzione, le protezioni giuridiche, il diritto di voto, i servizi pubblici e i diritti umani.

ORGANIZED CRIME: Criminalità organizzata. L’insieme delle attività criminali compiute da più persone che operano attraverso una rete organizzativa articolata con lo scopo di raggiungere un profitto economico, oppure di creare consenso su una linea politica.

PROTOCOL: Protocollo. Nel diritto sia nazionale che internazionale sta a indicare un dato insieme di regole di un accordo.

RATIFICATION: Ratifica. Atto mediante il quale lo Stato esprime il proprio definitivo consenso a essere vincolato dal trattato. A partire da tale momento, lo Stato Parte deve rispettare le disposizioni del trattato e metterlo in applicazione.

SIGNATURE: Firma di un trattato. Atto mediante il quale lo Stato esprime il proprio interesse nel trattato e la propria intenzione di diventarne Parte. Lo Stato non è vincolato dalla firma. Ha tuttavia l’obbligo di non privare un trattato del suo oggetto e scopo finché non ha chiaramente manifestato la propria intenzione di non divenire parte di quel trattato.

TRAFFICK: Traffico. Attività di commercio, specialmente illegale.

TRANSNATIONAL CRIME: Il crimine transnazionale. Secondo la definizione adottata dalla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale firmata a Palermo nel dicembre del 2000, un reato è transnazionale se è commesso in più di uno Stato; è commesso in uno Stato, ma è preparato, controllato e diretto in un altro Stato, se vi è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato. La convenzione dispone l’introduzione negli ordinamenti degli Stati firmatari del reato di associazione criminale di tipo mafioso, sul modello della legislazione italiana e di quella degli Stati Uniti, che prevede il reato associativo nella forma di conspiracy, di norme contro il riciclaggio e contro la corruzione, per la confisca dei beni derivanti da attività illecita. Due Protocolli aggiuntivi riguardano la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, e il traffico di migranti.

 



Bibliografia

 

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Enciclopedie e Dizionari

 

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Enciclopedia del diritto, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1999.

 

 
     
 
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1  State Party: Stato che aderisce ad un trattato o accordo internazionale.

2  Budapest Group: il gruppo formato dai 49 Paesi Membri del Budapest Process (ved. IOM)

 

 

 
     
 
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